La figura del gladiatore è ammantata di un fascino millenario, cui negli ultimi secoli hanno contribuito saggi scientifici e non, narrativa talvolta apprezzabile (è il caso di Sienkiewicz) e un'amplissima produzione cinematografica che si inaugura ai tempi del muto, conosce una delle sue massime espressioni nello «Spartacus» di Kubrick e arriva agli Oscar conquistati da «Il gladiatore» di Ridley Scott.

Che l'idea di giocarsi la vita nell'arena, destreggiandosi tra gloria e morte, eserciti ancora un certo fascino nel pubblico lo sanno bene dalle parti del Museo archeologico nazionale di Napoli, dove dal 28 novembre al 31 dicembre si svolge una mostra intitolata proprio come il pluripremiato film di Scott e che può contare su un giacimento di reperti originali senza pari al mondo: neanche a dirlo, quello dell'antica Pompei. Il nucleo delle armi in bronzo da parata scoperto nel Settecento nelle rovine della città distrutta dall'eruzione del 79 d.C. mancava da anni dalle sale espositive, causa lungo processo di restauro. C'è dentro di tutto: elmi, schinieri, scudi, lance, pugnali, tutti riccamente decorati a rilievo e pertinenti ad armature di gladiatori. Proprio questo nucleo bronzeo, datato I secolo dopo Cristo, consentì agli archeologi letterati del Diciottesimo secolo di identificare l'edificio di provenienza (il quadriportico dei teatri pompeiani) nell'ultima fase di utilizzo come una vera e propria caserma dei gladiatori. Il luogo prediletto per i ludi (giochi) era l'anfiteatro e quello di Pompei, con i suoi spalti da 20mila posti, è il più antico tra quelli interamente pervenutici. Il centro vesuviano, d'altra parte, era località di villeggiatura. E quale migliore intrattenimento per il tempo libero si offriva, all'epoca, all'aristocrazia e alla plebe se non i combattimenti all'ultimo sangue? La struttura era capace di soddisfare, allora, le esigenze estetiche e funzionali più diverse. Il parapetto che circondava l'arena era decorato con pitture raffiguranti scene di combattimento, Vittorie e trofei d'armi, oggi perdute e note solo dalle riproduzioni eseguite all'epoca dello scavo (1748, 1813-1814), a cui è dedicata una sezione di mostra. Gli spettacoli non rientravano tra le feste tradizionali a scadenza fissa delle città romane ed era, pertanto, necessario dare comunicazione anticipata che facesse conoscere per tempo il luogo e la date del cosiddetto «munus»: in questo senso conosciamo settantatre annunci pompeiani, dipinti nei luoghi più diversi della città.

La partecipazione del pubblico era molto grande e alcuni gladiatori, divenuti davvero famosi, erano oggetto di sfrenata tifoseria. Non è un caso se Nerone, al seguito di un increscioso episodio di tifo violento che contrapponeva i sostenitori degli atleti pompeiani a quelli nocerini, fu costretto mediante editto a ordinare la chiusura forzata dell'anfiteatro pompeiano. Una sorta di «squalifica del campo» ante litteram, insomma. In varie abitazioni e botteghe di Pompei, poi, scritte e disegni graffiti, soprattutto a partire dalla metà del I secolo d.C., vantavano l'ammirazione di cui erano oggetto i combattenti, in particolare da parte delle donne.

Per quanto all'ultimo sangue, ogni confronto d'arena aveva le sue «regole». I combattimenti erano di solito organizzati in modo da mettere in campo coppie (paria) composte da gladiatori di diversa disciplina, distinguibili dalle armature. Le fonti letterarie ed epigrafiche ci hanno lasciato menzione di alcune categorie di gladiatori, ma non vi è sempre certezza nell'associazione di denominazioni tipologiche a costumi e armature. Le più antiche sembrano derivare la denominazione e l'armatura da popolazioni tradizionalmente nemiche dei Romani: tra questi si annoverano il samnes (sannita), il traex (trace) e il murmillo (sannita). Fra i tipi più noti di gladiatore si ricorda in ultimo il retiarius che prende il nome dalla rete leggera, usata per bloccare l'avversario, da colpire con le armi (tridente e pugnale), disponendo come protezione soltanto della manica sul braccio sinistro, del paraspalla (galerus) e del cinturone. Un universo nel quale la mostra napoletana consentirà anche ai non addetti ai lavori di penetrare.

«Il gladiatore»
Napoli, Museo Archeologico Nazionale
Dal 28 novembre al 31 dicembre 2008
A cura di Pietro Giovanni Guzzo
Orari: dalle 9 alle 19.30. Chiuso martedì
Tariffe: 10 euro intero; 6.75 euro ridotto
Catalogo: Electa
Per informazioni: 848800288
081 4422149

 

Shopping24